
Retroscena
In bici nel cuore della Turchia
di Michael Restin
Lous e Julen sognano di fare un viaggio lungo la vecchia Via della Seta, ma nessuno sa fin dove riusciranno a proseguire. Nell'est della Turchia si trovano davanti a confini invisibili. In questo articolo ci raccontano le loro esperienze.
Sulla strada per Adıyaman, le condizioni sono sempre più dure. Lous e Julen, che pedalano in sella alle loro bici in Turchia dall'inizio di luglio, si trovano ad affrontare la catena montuosa del Tauro. Sotto il sole cocente, le riserve di energia si esauriscono in fretta e ogni salita è una vera sfida.
Qui scoprono che l'acqua ghiacciata sull’asfalto, sotto il sole e con 59 gradi, raggiunge la temperatura corporea in 17 minuti. Dopo 32 minuti sarebbe perfetta per farci del tè. Persino le cime montuose sembrano sciogliersi. Sono disposte l’una di fianco e dietro all’altra, sembrando meno alte di quello che sono.
La voglia di scoprire nuovi luoghi e vivere nuove esperienze supera il bisogno di fermarsi e rinfrescarsi. Lous e Julen partono alle quattro del mattino verso Nemrut, la cui cima, alta 2150 metri, è un santuario, luogo di sepoltura e oggi parco nazionale.
Sopravvivono al caldo e all’altitudine, ma i loro piani vengono quasi distrutti da un paio di lire: non hanno monete per pagare l’ingresso. Non vogliono darsi per vinti, così pregano. Non gli dei, ma i guardiani del parco. Dopo essere riusciti a spiegare il loro dilemma tramite il traduttore automatico sullo smartphone, possono continuare la loro avventura verso le millenarie figure di pietra di Zeus, Apollo o Antioco.
Ancora un ultimo sforzo e poi è tutto in discesa. Anche se non hanno un valore storico, Lous e Julen apprezzano in egual misura le stazioni di servizio lungo il percorso. Qui, in queste oasi moderne situate in mezzo al nulla, si trova tutto ciò che il cuore di un bike-packer potrebbe desiderare: bibite fresche, cibo e gas per il fornello da campeggio. «Queste stazioni di servizio sono l’ideale per fermarci a dormire», racconta Julen. «Sono aperte 24 ore su 24 e siamo al sicuro».
A Siverek scoprono questa opportunità di «pernottamento». La gente del posto li accoglie a braccia aperte e offre loro un posto a tavola, e un cane si unisce a loro mentre si riposano e fanno rifornimento. È una vita semplice che apprezzano davvero. Ma in questa zona della Turchia la realtà non è altrettanto semplice. Qui esistono confini invisibili. Se ne rendono conto per la prima volta quando raggiungono Diyarbakır.
«Dopo Diyarbakır ci siamo imbattuti in molti controlli della polizia. Militari e polizia stazionano lì», racconta Lous. «Qui le persone non si identificano con la Turchia. Abbiamo imparato qualche parola di curdo e lo apprezzano». Per le persone del posto, questo pezzo di terra appartiene al Kurdistan. Secondo lo Stato, alla Turchia. «Come basco, riesco a capire un po' la situazione», dice Julen. Nella regione il conflitto è sempre acceso, anche se è scomparso dalla coscienza della maggior parte degli occidentali. «L’atmosfera qui però è molto tranquilla e ci sentiamo al sicuro», affermano entrambi.
Fisicamente, il viaggio è estenuante e anche l’attrezzatura a volte si arrende. Le ruote si sgonfiano e Lous e Julen spesso se ne accorgono solo quando è arrivato il momento di gonfiarle. «Abbiamo avuto le gomme a terra un milione di volte», dice Lous. «Ogni tanto è frustrante, ma anche questo fa parte del viaggio e dell’avventura». La prima volta, capita dopo quattro giorni che sono partiti. E poi piedi gonfi, biciclette ribaltate per terra al mattino, le viti che perforano tubi; insomma, tutto quello che può andar male va male. Anche se, come Lous e Julen imparano in un incontro successivo, a qualcuno tocca un destino migliore: «Abbiamo incontrato un austriaco che dopo 5000 chilometri non era ancora rimasto in panne. Che invidia!»
Fermarsi è importante quanto viaggiare. Rallentare. Respirare. Ricaricarsi. E con un caldo del genere, non c’è niente di meglio che immergersi nell’acqua fredda e limpida. Il ponte Malabadi si erge sul fiume Batman Çayı. I ragazzi del posto mostrano agli sconosciuti le loro abilità da supereroi nell’acqua e si divertono a posare prima di scattare il selfie obbligatorio con Lous e Julen sulle rive del fiume.
A Lous e Julen viene chiesto più volte se si sentono al sicuro e cosa ne pensano della Turchia. «La gente è preoccupata per l'impressione che gli stranieri hanno della Turchia», dice Lous. Per i due, il viaggio è costellato di esperienze positive. Solo i cani si mostrano ostili quando, la notte successiva, abbaiano aggressivamente e assediano la tenda mentre Lous e Julen rimangono immobili.
Quando vengono interrogati sui momenti salienti della loro avventura, Lous e Julen ridono. Tutto il viaggio fino ad ora è stato straordinario, ma c'è un'esperienza che a Julen è rimasta particolarmente impressa: Nemrut. Non la montagna di cui abbiamo parlato prima, ma l’omonimo lago. «Nemrut è un vulcano con due laghi all’interno del cratere», dice Julen. Uno spettacolo che si sono dovuti guadagnare duramente. «La salita è molto ripida e abbiamo dovuto pedalare contro un vento fortissimo». Anche se entrambi non si sentono del tutto in forma, decidono di sottoporsi alla tortura. E per poco non devono rinunciare. «Non ci sentivamo bene, abbiamo avuto problemi per una settimana a causa di un’intossicazione da acqua, ma dovevamo continuare», dice Lous. «Il cratere ha un ecosistema proprio».
Anche Fevzi, che gestisce un piccolo negozio alla fine del sentiero e dà da mangiare agli orsi che abitano lì, è un personaggio particolare. «You look tired, very very tired!», dice a Julen prima di rivolgersi a Lou: «And you are big monkey!»
La situazione è surreale e l’esperienza indimenticabile. Lous e Julen offrono a Fevzi a qualcosa da mangiare. Poi lui li porta a fare una nuotata nell’acqua calda del cratere, nella notte di luna piena, e monta la guardia fuori dalla tenda per proteggerli dagli orsi.
«Non ho mai dovuto seguire così tante istruzioni per fare un bagno», dice Lous. Piede sinistro, piede destro. Fevzi guida Lous e Julen a ogni passo e si prende cura di loro fino a quando vanno a dormire vicino al fuoco dopo un tè. «È stata un’esperienza incredibile, Fevzi è davvero interessante e accogliente», dice Lous. Un bagno nel vulcano, un ricordo per la vita.
Lous e Julen sono ancora in viaggio. Per seguire la loro avventura, torna a leggere il prossimo articolo!
Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.