Sabrina Kriesi. Professione: insegnante di yoga

Da hobby a passione, da passione a professione. Sabrina Kriesi ha trovato la sua pace in un mondo sempre più frenetico.
«Se fai yoga una volta alla settimana, il tuo corpo cambia», dice Sabrina Kriesi. La 28enne è seduta su un pezzo di sughero, posizionato su un tappetino di yoga sul pavimento.
«Se fai yoga tre volte alla settimana, il modo in cui pensi cambia». Anche se muove le gambe costantemente – a volte le tiene incrociate, a volte porta il ginocchio sinistro fino al mento e poi afferra il piede nudo – la parte superiore del corpo rimane immobile.
«Se fai yoga tutti i giorni, la tua vita cambia». Il suo sguardo va al soffitto, mostrando le ciglia lunghe e scure. Sabrina, insegnante di yoga ricoperta di tatuaggi, comincia a parlare. Racconta una storia sullo yoga, su se stessa, sulla vita e sulle candele.
Il tappetino in Nuova Zelanda
Sabrina non si sarebbe mai aspettata di finire a insegnare yoga parallelamente al suo lavoro come Key Account Manager presso Digitec Galaxus. E si aspettava ancora meno di scoprire il suo stile di vita ideale in Nuova Zelanda, dall'altra parte del mondo, 12’024 chilometri in linea d'aria dalla terra di origine dello yoga, l'India. Facciamo un passo indietro: Sabrina ha 20 anni ed è proprio la frenesia della gioventù a portarla così lontana da casa. Dopo aver completato il suo apprendistato, emigra: rinuncia a tutto ciò che ha in Svizzera per stabilirsi in Australia, poi in Nuova Zelanda.
«Non so nemmeno perché io abbia deciso di formarmi nel settore alberghiero», racconta. Ci pensa per un momento, poi ride, imbarazzata. «No, in realtà me lo ricordo. Volevo viaggiare.» Il diploma le apre le porte del mondo. Il suo primo lavoro la porta in Nuova Zelanda, dove le sembra di «lavorare in vacanza». Quando non lavora in hotel, cavalca le onde con la sua tavola da surf e si rilassa perdendosi nei suoi pensieri.
Ma la vita di Sabrina, che si divide tra l'hotel e le spiagge da sogno in quella che è stata la terra di mezzo nel «Signore degli Anelli», non è tutta rose e fiori. «Ero stanca di lavorare a Natale, Capodanno e nelle altre festività», dice, con un po' di malinconia. Non ha dimenticato del tutto quei giorni. Ma, e di questo è sicura, oggi è molto felice di poter trascorrere le vacanze con la sua famiglia.
In Nuova Zelanda Sabrina, che si definisce «volubile», scopre lo yoga. Prima come studentessa: «Mi sono iscritta, poi sono andata a far yoga ogni giorno. Ero davvero motivata, avevo persino il mio tappetino». La sua voce ora lascia trasparire un po' di amarezza, che suggerisce una miscela di ironia e innocenza, del tipo: «a quei tempi, non avevo idea di cosa...»
Ma Sabrina continua: yoga ogni giorno. Cambiamenti fisici, nella mente. E poi tutta la sua vita.
Da studentessa a insegnante
Sabrina impara una cosa molto rapidamente: lo yoga non è solo yoga. La ragazza, attiva e vivace, scopre che ci sono stili di yoga più adatti a lei; questo però non significa anche che siano gli stili che le fanno bene. Nel preparare ciascuna delle sue lezioni, Sabrina si chiede come farlo nel modo giusto. Cosa devono imparare i suoi studenti? Qual è il suo obiettivo, come insegnante? Quali tecniche può o deve utilizzare per raggiungere questo obiettivo? Perché ogni posa ha un significato diverso e innesca qualcosa di diverso sia corpo che nella mente.

Lo yoga è nato in India, si scrive in sanscrito योग e combina esercizi mentali, spirituali e fisici. Religione, meditazione e fitness nello yoga diventano una cosa sola. Le origini dello yoga non sono del tutto chiare. Si dice che sia stato inventato prima del periodo Vedico, cioè prima del 1’500 aC. Le prime note che descrivono le pratiche yoga si possono trovare nel libro degli inni Rigveda (ऋग्वेद). Gli inni del libro sono stati scritti intorno al 1’200 aC. Nei circa duemila e cinquanta anni trascorsi da allora, gli studiosi, che non si sono accontentati dello stato originale dello yoga, hanno sviluppato diversi stili. Ogni stile ha un obiettivo diverso, simile all'allenamento di resistenza o di forza che si possono trovare anche nei vari sport.
Per questo Sabrina si dedica all’Haṭha yoga tradizionale. Viaggia a Bali, dove si forma come insegnante. 200 ore di yoga, sette giorni su sette: Sabrina interiorizza gli esercizi di respirazione e di movimento, lasciando che la sua mente e il suo spirito cambino. Poi impara a trasmettere le sue conoscenze e abilità.
«Lo stile di yoga che ti piace non è necessariamente quello di cui hai bisogno».
È difficile capire quale sia lo stile giusto per ciascuno. Sabrina confronta il Vinyāsa (विन्यास) e l’Haṭha (हठ) e ci dice quello che pensa davvero del Power Yoga.
Vinyāsa: il flusso costante
La parola «Vinyāsa», con una S affilata e una prima A breve, in realtà è composta da due parole. «Nyasa» significa «posizionare» e «Vi» significa «in modo specifico». Nel mondo dello yoga, il termine è usato per la transizione tra due posture e designa anche uno stile.

«Il Vinyāsa non fa per me», dice Sabrina. Perché quando pratichiamo il Vinyāsa, il corpo è sempre in movimento. Quasi nessuna posizione viene tenuta a lungo, perché il corpo inizia a bruciare. Questa disciplina di yoga non permetterebbe mai a una persona come Sabrina – vivace, impulsiva e attiva – di trovare l'equilibrio che cerca. «Anzi, mi porterebbe ancora più lontana dall'equilibrio», dice.
I seguaci del Vinyāsa raramente rimangono fermi, perché questo stile richiede un flusso costante: nel mondo, nulla è permanente, tutto è in movimento e temporaneo. Secondo il libro di Gregor Maehle, «Ashtanga Yoga: Practice and Philosophy», non ha senso aggrapparsi emotivamente a qualcosa. Il Vinyāsa dovrebbe liberare, rilasciare e alleviare.
Haṭha: l'equilibrio tra sole e luna
La parola Haṭha è composta da due sillabe. «Ha» sta per sole, «ṭha» per luna. Ma queste due sillabe hanno anche altri significati, tra cui «persistenza» e «sforzo». Haṭha è il contrario di Vinyāsa: ti insegna a calmare la mente, a controllarla e a stabilizzarla.
«Proprio per questo ho scelto l'Haṭha Yoga tradizionale», dice Sabrina, che di solito sembra perdere la calma con relativa facilità. I suoi movimenti sul tappeto sono precisi, forti e dolci allo stesso tempo. Quando si muove, Sabrina sprofonda nel suo mondo, percependo ciò che c’è all’esterno in misura limitata.
«All'inizio non ero abituata a stare ferma», dice. Perché, in Nuova Zelanda, la sua vita tra il ritmo frenetico dell'hotel e la tavola da surf non aveva nulla a che fare con la tranquillità. E poi, all'improvviso, l'immobilità. La meditazione. Il silenzio. «Mi riporta con i piedi per terra», dice.
Anche durante gli esercizi, la pausa è un aspetto essenziale dell'Haṭha Yoga. Le asana, le posture, si mantengono. Sabrina si china, allunga un braccio verso terra e l'altro verso il cielo, e rimane così. I suoi muscoli si contraggono, la sua respirazione rimane calma, gli occhi si aprono, ma lei guarda nel vuoto.

Nel mondo dello yoga, il respiro viene chiamato Prāṇāyāma (प्राणायाम). Si dice che rifletta la condizione fisica e mentale. Ma questo specchio non mostra solo ciò che sta accadendo all'interno; riflette anche il nostro stato interiore. Così, una volta che impariamo a calmare la respirazione anche quando siamo stressati, stiamo calmando anche il nostro io interiore.
Power Yoga: per Instagram e follower
C'è uno stile di yoga, se si può chiamare così, che a Sabrina non piace: il Power Yoga moderno.
«Chi è interessato solo a contorsioni e posizioni di fantasia non ha capito nulla dello yoga», dice, con una severità che non le è tipica. Il suo viso si indurisce, i suoi grandi occhi marroni si rimpiccioliscono, gli angoli della bocca si stringono e parte con una tiritera che non risparmia niente e nessuno che abbia a che fare con il Power Yoga. Secondo Sabrina, chi pratica questo stile di yoga cerca solo la fama e i like su Instagram. «Certo, a vederlo fa un bell’effetto e il corpo deve lavorare sodo. Ma l'aspetto mentale viene completamente tralasciato».

Fa un paragone con un'auto o un veicolo. «Il tuo corpo è un vaso, il tuo corpo è un veicolo». Lo yoga, Sabrina collega rapidamente le parole, è come un distributore di benzina. «Ti permette di ricaricare le batterie, imparare a controllarti e a mantenerti». In ogni caso, la meditazione è l'asana più faticosa, perché richiede il massimo sforzo e concentrazione della mente.
Un contrasto sorprendente del Power Yoga: «la verticale sulla testa sui gomiti».
Muesli sul tavolo
Movimento e meditazione non sono sufficienti nell’Haṭha Yoga. Ogni mattina, quando Sabrina va al lavoro, passa un po’ di tempo in cucina. Ogni giorno prepara un muesli, a base di frutta fresca e cereali. Anche la nutrizione è un aspetto dell'Haṭha Yoga.

Per seguire la massima dello yoga per avere una «vita semplice, pensiero sublime», Bisognerebbe mangiare cose facili da digerire, fresche e soprattutto vegetariane. Una dieta semplice non sovraccarica lo stomaco, ma dà al corpo ciò di cui ha bisogno per funzionare bene.
«Se non mangio il mio muesli al mattino sono completamente inutile», dice Sabrina, che paragona la ciotola piena di frutta e verdura al caffè del mattino o alla sigaretta che gli altri consumano dopo il risveglio. Senza sigaretta, la giornata non può iniziare. Io, non fumatore, rido. «Seriamente», aggiunge. Il sorriso scompare dal suo volto.
Lo yoga ha cambiato la vita di Sabrina.
Vive più consapevolmente, mangia più sano. E continua a imparare. Oltre all'allenamento fisico, l'insegnante entra nei panni della studentessa il più spesso possibile e continua la sua formazione. È certa che solo un buon studente possa diventare un buon insegnante. Oltre ai suoi corsi di yoga con Stephen Thomas – più volte alla settimana – ha in mente un nuovo progetto: 300 ore di formazione continua che seguirà in parallelo alla sua attività professionale.
«Imparerò di più sull'anatomia, sul corpo e sulle ossa e approfondirò le mie conoscenze. Trecento ore sul tappeto e sui libri», dice Sabrina. Il suo entusiasmo quasi ti travolge. Sarà difficile, ma una cosa è certa: non smetterà mai di imparare.


Giornalista. Autore. Hacker. Sono un contastorie e mi piace scovare segreti, tabù, limiti e documentare il mondo, scrivendo nero su bianco. Non perché sappia farlo, ma perché non so fare altro.