
Retroscena
In bici nel cuore della Turchia
di Michael Restin
Lous e Julen sognano di fare un viaggio lungo la vecchia Via della Seta, ma nessuno sa fin dove riusciranno a proseguire. Raccontano le loro esperienze in questo articolo. Vorrebbero attraversare il confine con l’Iran, ma è chiuso. Così partono per un’altra avventura... letteralmente mozzafiato.
È tutto meraviglioso. La vita, il viaggio, il momento. «A parte quella volta in cui Lous è quasi morta mentre salivamo sull’Ararat» dice Julen, quando chiedo se fino ad ora non hanno avuto malori o incidenti durante il loro tour in bici attraverso la Turchia. Le loro giornate sono ricche di storie, ma questa è davvero unica. Una storia che si svolge a piedi, non sulle ruote delle loro bici, e che li lascia piuttosto sconvolti. Un’esperienza che li porta letteralmente in cielo, anche se il racconto secondo cui uno dei due è quasi morto forse è un po’ esagerato, visto che entrambi ridono di cuore durante la nostra chiaccherata su Facetime.
L’Ararat è alto 5137 metri. È la montagna più alta della Turchia e sovrasta di ben 500 metri il «tetto» della Svizzera, la Punta Dufour. Una cima monumentale che ostacola il percorso di ciclisti come Lous e Julen e che invece fa gola agli alpinisti. Gente come Uta, un alpinista professionista del Kosovo, che incontrano durante un giorno di riposo a Van. Poco dopo si ritrovano a organizzare un’escursione con una guida alpina e così sono pronti ad affrontare un viaggio nel viaggio: Lous e Julen non vogliono lasciarsi scappare l’occasione di raggiungere la vetta dell’Ararat. Apprezzano la fortuita coincidenza e adattano i loro piani. «Siamo sempre positivi e adattiamo volentieri i nostri programmi», dice Lous. Così un giorno di riposo diventa il punto di partenza per una spedizione in alta montagna nell'estremo est della Turchia.
Davanti alle torri di guardia e recinti che li separano dall’Iran, Lous e Julen devono dire addio al loro sogno di pedalare lungo la Via della Seta. I Paesi del mondo chiudono i confini nella speranza di far fronte alla pandemia. Ma per Lous e Julen si apre una nuova possibilità: raggiungere la cima dell’Ararat. Sempre più in alto, il cielo è il limite. I due si preparano a Doğubeyazıt insieme alla loro guida Nejdet. Comprano le provviste, preparano gli zaini e noleggiano scarpe, guanti e ramponi. Si godono l’attesa. Poi caricano i cavalli e partono. E così, un bel giorno di agosto, i due si apprestano a scalare il vulcano dormiente dove si dice che l'Arca di Noè si sia arenata dopo l'alluvione. Un’escursione in alta quota davvero indimenticabile.
Nel primo campo, a 3200 metri sul livello del mare, vengono accolti con del Çay, dei biscotti, una tenda da cucina e una partita di Yatzy. A Lous e Julen sembra quasi di stare in vacanza, a godersi il tempo e un buon libro. Va tutto bene. L’altitudine non si fa sentire. La salita può continuare senza problemi.
Al campo 2, mille metri più in alto, l'aria è molto più rarefatta e il verde tenue del paesaggio lascia il posto ad aridi ghiaioni. l tre rallentano un po' per acclimatarsi. Una volta arrivati, Lous e Julen faticano a digerire ciò che vedono: il campo è pieno di rifiuti lasciati da altre spedizioni. Le escursioni in alta quota hanno anche aspetti negativi. Le vette più alte affascinano, ispirano, dividono e uniscono. Lous e Julen sono gli unici europei occidentali nel campo, dove passeranno una breve nottata.
La partenza è prevista per le tre del mattino, piuttosto tardi per una spedizione del genere. Di solito si parte prima, ma Nejdet ritiene che Lous e Julen possano salire rapidamente. Le cose però iniziano a prendere una brutta piega. Già la breve nottata, durante la quale i due riescono a malapena a dormire, li lascia con poche energie: l'altitudine, il freddo e il terreno accidentato sotto la tenda non conciliano il sonno. Il sole non è ancora sorto quando i tre si apprestano a salire il tratto finale della spedizione.
La salita è faticosa. «All'inizio volevo procedere un po' più velocemente», dice Lous, sempre pronta ad affrontare una sfida. Ma questa volta deve mettere da parte le sue ambizioni sportive: «Dieci minuti dopo, mi sono sentita male». E così inizia la sofferenza. Vertigini, pressione sui polmoni, dita gelate e vento forte rendono ogni passo una piccola conquista. La spedizione prosegue, lenta ma inesorabile, verso la cima. I tre raggiungono il piano nivale, dove il vento diventa più debole. Vedono i primi raggi di sole e l’imponente ombra dell’Ararat sulla valle. Ce l’hanno fatta.
«Siamo arrivati al vertice, ma ho sofferto», dice Lous. A metà tra il paradiso e l’inferno, ammirano il paesaggio. Nejdet è orgoglioso di loro. Non ha mai scalato la montagna così velocemente con un gruppo. Ma l'euforia non dura a lungo: è il momento di tornare di giù. 3000 metri di altitudine attraverso la neve, ripidi ghiaioni e pendii esposti al sole.
Le gambe iniziano a tremare e bruciare mentre Lous e Julen scendono dalla «montagna ardente», cioè Çiyayê Agirî, il nome curdo del monte Ararat. Il vulcano ha eruttato l’ultima volta nel 1840, ma ancora oggi non lascia nessuno al freddo. È un simbolo nazionale degli armeni sul territorio della Turchia. La situazione politica tra le due nazioni è complicata, ma davanti alla montagna siamo tutti uguali. «Dopo la discesa non siamo riusciti a camminare bene per due giorni», dice Julen. Ogni movimento fa male ai muscoli, ma poi passa. Questa, invece, è un’esperienza che ricorderanno a lungo. Lous e Julen continuano il loro viaggio in un Paese tanto splendido quanto complesso. Da ovest a est, attraverso monti e valli.
L’avventura sull’Ararat è già un ricordo. Lous e Julen hanno raggiunto un punto di svolta. Il loro percorso li porta lentamente a nord, lungo il confine armeno-georgiano, fino alla costa del Mar Nero, dove non è più raro imbattersi in turisti occidentali. «Qui attiriamo meno l’attenzione, la gente è più abituata ai turisti», dice Julen. Al momento della nostra intervista, riposano a Trabzon e pensano a nuovi progetti. «Non possiamo garantirlo al 100%, ma vorremmo pedalare lungo la costa in direzione di Bursa», dice Lous. «Poi forse andremo in Grecia e Bulgaria. Questo è il piano generale».
Da allora sono passate alcune settimane. Lous e Julen sono ancora in viaggio. Per seguire la loro avventura, torna a leggere il prossimo articolo!
Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.