
Retroscena
Mermaiding: cosa c'è dietro l'hype delle sirene?
di Siri Schubert
Nel 2021 si impara a surfare meglio in montagna che al mare. A Sion, basta premere un pulsante per avere delle onde e rendere felice la scena del surf alle nostre latitudini. Un auto-esperimento nell'Alaïa Bay.
Manca qualcosa. E non sto parlando del mare. Chi se lo aspetterebbe a Sion? Il mio sguardo sale sulle cime innevate del Mont Gond nelle Alpi bernesi, vagando poi sulla A9, il cui rombo si mescola al ritmo rilassato di Boubacar Traoré proveniente dagli altoparlanti della terrazza panoramica e infine si fissa sulla piscina cuneiforme che ho davanti a me: l’Alaïa Bay sembra ritagliata da un diagramma a torta.
Il nuovo paradiso delle onde vallesano contiene 13 000 metri cubi d'acqua che, messi in moto, dovrebbero esaudire i sogni dei surfisti anche in Svizzera. Per arrivare a tutto questo c'è voluto molto lavoro. Adam Bonvin non svela esattamente quanti soldi sono stati investiti nella struttura: «Volevo portare le onde alle mie latitudini», spiega l'iniziatore del progetto e cofondatore di Alaïa, la cui fantasia, nata sei anni fa durante un viaggio di surf a Hossegor, si è qui realizzata. Con una maglietta nera, una bella abbronzatura e un berretto, emana lo stesso stato di rilassatezza che dovrebbe circondare l'intera struttura. Chi se ne frega delle cifre concrete quando si possono realizzare fantasie visionarie.
Ovviamente i soldi non mancano: a un certo punto, nella stanza piena di rappresentanti dei media e membri della scena internazionale del surf, gira la voce di una cifra approssimativa di 20 milioni di franchi. La somma è sufficiente per lampade fantasiose e cucina fusion, per un paradiso della tavola, perfettamente progettato, fino alle enormi lavatrici, che lavano 120 mute all'ora. Tutto nuovo, tutto di alta qualità, con molto cemento a vista, vetro e pannelli di legno. Un pacchetto completo in stile modernista, che potrebbe trovarsi ovunque nel mondo.
L'infrastruttura è stata costruita intorno all'attrazione: un ristorante con terrazza panoramica, un negozio di surf, la scuola di surf e «La Factory», dove lo shaper Carlos Lopez si dedica alla costruzione delle tavole.
Eppure, manca qualcosa. La sensazione di spiaggia e salsedine non può essere trapiantata sulle Alpi, penso durante il tour, che si conclude con uno sguardo nella «Magic Room». Premendo i tasti giusti, si ha quello di cui si è parlato finora: onde. Onde à la carte. Il menù comprende 20 tipologie appositamente programmate, persino il Tube.
Ci sono voluti due mesi interi per armeggiare con le impostazioni al fine di far corrispondere dimensioni, forma, forza e frequenza. Finora, questa è solo teoria. L'acqua è ferma. Ma allo stesso tempo, tutto gira intorno alle onde. Senza averle viste, non posso dare giudizi.
Non appena le onde si attivano nella piscina, l'atmosfera si trasforma. E riesco a percepirla anche dall’interno dell'edificio. Quando inizia il grande boato, le teste si girano verso la finestra, il gruppo di giornalisti si affretta a scendere le scale verso l'esterno. Chiudo gli occhi e la mente mi catapulta sulle rive del mare. La violenza dell'acqua annega il rumore dell'autostrada e lava via tutte le distrazioni. Niente sembra più sterile, una volta che lo spettacolo inizia.
Prima tocca a professionisti e celebrità, che dimostrano ciò che è possibile fare qui, fornendo immagini spettacolari. Un’ondata di applausi e urla di giubilo si propagano intorno all’intera area di onde artificiali. I volti si illuminano di sorrisi sinceri provocati dalle onde, come al tocco di un pulsante.
I camion che passano di tanto in tanto sull'autostrada sembrano fuori posto dietro ai surfisti che cavalcano le onde, come in un miraggio. Ma ecco che si passa alla prossima performance, al prossimo tube-ride, al prossimo esperto o alla prossima esperta. Mi trovo sulla passerella che divide la piscina a metà e conduce al segreto delle onde; sono nel bel mezzo dell'azione e vedo le manovre da molto vicino, come nei video su YouTube. La metà sinistra della piscina si surfa in goofy, mentre la metà destra del pontile si surfa in regular; le onde sono le stesse da entrambe le parti. 46 moduli mossi elettromagneticamente formano montagne d'acqua identiche tra loro e generate una dopo l'altra.
È un'opportunità di allenamento come poche altre al mondo: l'impianto di Sion è solo il quarto del suo genere e, senza esagerare, si tratta di una pietra miliare per il surf in Svizzera. È perfetto per i corsi di formazione, un parco giochi per gli esperti e un ambiente protetto per i principianti. È tutto ciò che il mare aperto non è: prevedibile e controllabile. Con le impostazioni giuste nella «Magic Room», la «bestia» alta due metri diventa di nuovo una piccola onda, così anche i principianti possono entrare in acqua direttamente dopo i professionisti.
«Hi guys», uno sconosciuto con un accento spagnolo mi saluta nello spogliatoio dove mi infilo la muta. Un po' di chiacchiere e scopro che lavora per Wavegarden. Si tratta dell'azienda basca la cui tecnologia fornisce le onde in cui sta per immergersi per la prima volta anche lui. Ogni impianto è diverso, ma non solo a causa delle varie tipologie di onde offerte. Anche per via del paesaggio, e quello alpino lo entusiasma.
Per me, invece, il panorama ha poca importanza, perché dovrò soprattutto concentrarmi su tutto ciò che c’è da tenere a mente quando mi troverò in acqua. Sarà un allenamento intenso. Chi ci riesce, può prendere cinque volte più onde in una sessione qui che nell'oceano, dicono. Vengono generate una dopo l’altra e dopo averne cavalcata una, si ritorna alla posizione iniziale. Non si deve aspettare molto, perché ogni onda è perfetta. Almeno questa è la teoria. Nella pratica si sviluppa rapidamente un ritmo.
Ecco un treno in partenza. Almeno questa è la sensazione che si ha quando si azionano i moduli del sistema, mettendo in moto se stessi e l'acqua. Dal ventre della struttura ad arco accanto a me si sprigiona un ronzio che ricorda quello di una serra. Poi la montagna d'acqua si gonfia, mi solleva e mi abbassa nella mareggiata, andando oltre. Non c'è trambusto, non c'è folla, non ci sono onde che si infrangono troppo presto. Al contrario, ci sono persino dei segni.
Qualche pagaiata e raggiungo il numero 9 contrassegnato sul muro esterno, dove un allenatore mi dirige in posizione. È tutto pianificato ed è qui che si infrange l’onda, il resto dipende da me. Pagaia, pagaia, pagaia, guarda avanti, busto in alto – ora non importa se si tratta di mare o piscina, l'onda vuole essere surfata. Alzarsi in piedi. Concentrarsi. Rimanere bassi. Divertirsi. O cadere.
Succede di tutto: i primi successi sono seguiti da qualche caduta. Non fa niente, ci riprovo. Giocare con gli elementi è più facile se le regole sono fatte dall'uomo. Ecco che arriva l'onda perfetta. Anche qui. E anche qui. Non ci sono scuse. Solo l'ambizione di imparare. E molti modi per fare meglio. Man mano che la sessione progredisce, le onde diventano più grandi, i consigli più specifici e le braccia più pesanti. È estenuante.
Eppure, voglio provarci ancora e ancora. Dopo un'ora in acqua sono stanco, ma felice. Per la prima volta da più di un anno, la parola «onda» ha una connotazione positiva per me. È chiaro: Alaïa Bay non sostituisce una vacanza al mare, ma il menù delle onde è una vera delizia per la scena del surf della Svizzera. Manca qualcosa? Forse solo un pizzico di sale.
Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.