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Una partita farebbe bene al cancello

Michael Restin
30.4.2019
Traduzione: tradotto automaticamente

La prima partita in casa con mio figlio finisce 0:30. I suoi calcoli sono sbagliati, ma lentamente ma inesorabilmente si rende conto che non c'è niente di meglio di un gol - e niente di peggio che subire un gol.

Obiettivo. Non avrei dovuto farlo spedire al mio ufficio, l'"Exit Tempo 2400". 16,7 chilogrammi di Goal in acciaio zincato devono essere trasportati nel giardino di casa, un compito non facile in bicicletta. Per fortuna esistono i rimorchi. La mia prima educazione calcistica vale un trasporto un po' pesante con un carico sporgente. I gol possono essere segnati presto, devo solo organizzarlo.

Papi si collega, il piccolo gioca

Madrid? ManU? Mamma?

E, che dire, le cose stanno andando bene. Improvvisamente non si preoccupa più di dove va la palla. Mio figlio mette i palloni negli angoli ed è raggiante, il mio cuore batte più forte. Ma non posso mostrarlo troppo. Dopotutto, sono il portiere e devo essere adeguatamente infastidito quando segna. Il che aumenta ancora di più la sua gioia e mi permette di mettere in pratica la seconda lezione: Non c'è niente di peggio che subire gol.

Segna, esulta e conta. Il seme è piantato. Anche se il punteggio non è mai di 30:0 a suo favore, dimostra di avere talento. Nel caso in cui qualche scout di club internazionali di alto livello stia leggendo questo articolo: Señores, signori, questo piede destro non ha rivali nella scena del softball da giardino di Zurigo. Barcellona, Madrid, Manchester: siamo pronti. Se la mamma ce lo permette. Non è così facile da ingannare come le regole FIFA sui trasferimenti.

Stiamo ancora lavorando sul piede sinistro: finora Junior lo ha usato solo per stare in piedi e per calpestare furiosamente. Ma ci arriverà. Almeno ora ha imparato a fare gol. Il resto è una questione di testa. Devo anche essere ottimista. 0:30? Non è possibile. Non subiamo gol per niente.

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Semplice scrittore, doppiamente papà, che ama essere in movimento e destreggiarsi nella vita familiare quotidiana, come un giocoliere che lancia le palline e di tanto ne fa cadere una. Può trattarsi di una palla, di un'osservazione, o di entrambe.


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