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La GFX 100 II di Fujifilm alla prova: la fotocamera definitiva

Samuel Buchmann
12.9.2023
Traduzione: Martina Russo

La nuova fotocamera di medio formato di Fujifilm è la più avanzata del suo genere. Come il modello che l’ha preceduta ha una risoluzione di 100 megapixel e molte caratteristiche notevolmente migliorate.

Per lungo tempo le fotocamere di medio formato sono state considerate come le vecchie Ferrari: bellissime e potenti, ma anche assurdamente costose, piene di difetti e senza sistemi di assistenza. Macchine straordinarie per i professionisti che sanno come usarle, ma giocattoli di lusso per tutti gli altri.

Ora Fujifilm ha presentato il modello successivo. La GFX 100 II non è più una rivoluzione, ma un’evoluzione. Grazie alla nuova forma senza impugnatura verticale fissa, tuttavia, si rivolge a un pubblico più ampio rispetto al modello precedente. Questo anche grazie al prezzo più basso, 7600 franchi svizzeri, ovvero 4400 in meno del costo di lancio della GFX 100 e anche meno dell’attuale Hasselblad X2D.

Insieme alla fotocamera, i giapponesi hanno presentato anche tre nuovi obiettivi: il velocissimo Fujinon GF 55mm f/1.7 WR con lunghezza focale standard. Ma sono molto più interessanti i primi obiettivi tilt-shift di Fujifilm: il Fujinon GF 30mm f/5.6 T/S e il Fujinon GF 110mm f/5.6 T/S Macro. Apparecchi che dovrebbero rendere il sistema GFX molto interessante per la fotografia di architettura e di prodotto.

Prima ancora del lancio, Fujifilm mi ha fornito esemplari da provare sia della GFX 100 II che del Fujinon GF 55mm f/1.7 WR. L’hardware era quello definitivo, il firmware non ancora. Nel senso che il produttore potrebbe ancora migliorare alcuni dettagli prima della distribuzione. Segnalo questi aspetti nei punti relativi.

Design e specifiche: il gigante si è ristretto

La Fujifilm GFX 100 II si presenta come uno strumento di lavoro. Starebbe benissimo nello studio di un fotografo, tra i flash e gli stativi per luci. Il case è realizzato in lega di magnesio protetta da un rivestimento in plastica. Con gli obiettivi necessari, nel suo complesso il sistema di medio formato è ancora più ingombrante di una fotocamera full frame. Anche se il corpo da solo non è molto più grande.

Sulla parte anteriore e laterale la GFX 100 II è rivestita in gomma zigrinata. Offre quindi un miglior grip rispetto al materiale più liscio del modello precedente. L’impugnatura è grande e anche dopo molte ore riesco a reggerla comodamente con la mia mano mediamente grande. Fujifilm sostiene che la fotocamera è resistente alle intemperie, cosa che credo anche io, visto la cura della lavorazione. Manca tuttavia una certificazione IP ufficiale.

Mi sembra ottima la scelta di rinunciare all’impugnatura verticale. La fotocamera risulta più compatta e più leggera di quasi 400 grammi – anche se non così leggera come la GFX 100S, che pesa circa altri 100 grammi in meno.

Ecco una panoramica delle principali specifiche:

Ancora una volta il case ospita un sensore CMOS retroilluminato di 43,8 × 32,9 millimetri. È una versione riveduta del modello precedente, sempre con una risoluzione di 100 megapixel. Fotodiodi e circuiti in rame migliorati dovrebbero garantire una maggiore gamma dinamica all’interno.

Funzionamento: complesso ma flessibile

Questa possibilità di personalizzazione fa sì che all’inizio il funzionamento della nuova GFX non sia particolarmente intuitivo. Mi devo un po’ abituare. Devo regolare ghiere e pulsanti. Configurare accuratamente la fotocamera. L’utile rovescio della medaglia è che, terminate queste operazioni, la macchina funziona esattamente come voglio io.

Sulla parte alta del case trovi un imponente display superiore. Il display visualizza i principali parametri di scatto in bianco e nero, anche quando la telecamera è spenta. Mentre fotografo posso invece optare per la visualizzazione di un istogramma in tempo reale. Poiché il display è molto inclinato all’indietro, posso dargli un’occhiata anche mentre fotografo, senza dover abbassare del tutto la fotocamera.

Mirino e display: tutta un’altra classe

Nel complesso, il mirino della GFX 100 II è uno dei migliori disponibili sul mercato. Posso variare le dimensioni dell’immagine in modo graduale. Anche se così facendo diminuisce la risoluzione, questa funzione è una benedizione per chi porta gli occhiali come me: io non posso avvicinarmi così tanto al mirino come chi non indossa gli occhiali. Di conseguenza, in molti mirini non riesco a vedere fino agli angoli.

Il display da 3,2 pollici sul retro non è praticamente cambiato. Ma in effetti non ce n’era bisogno, perché la risoluzione di 2,36 milioni di pixel è ancora buona, così come la luminosità. Il display è inclinabile su due lati, ma non si può aprire. È un peccato, ma comunque non grave per una videocamera che non è pensata per il vlogging.

Autofocus: non è perfetto, ma un importante traguardo

Solo nel controluce di una finestra ogni tanto il tracciamento si confonde e cattura la sedia rosa invece dell’occhio della collega Michelle Brändle. Per contrastare questa tendenza basta puntare su un’unica zona di autofocus, che colloco all’incirca sul viso. In questo modo si ottengono foto molto nitide, anche con un diaframma grande. Una funzione notevole e molto utile. E che mi regala più margine per concentrarmi sulla luce, sulla composizione e sulla persona.

Non ho provato le modalità di tracciamento con animali, auto e così via. Con gli oggetti generici, il funzionamento automatico non mi piace molto. Per qualche motivo, non indovina mai che cosa voglio che sia messo a fuoco. Sono solo prove aneddotiche, ma il mio sistema di riferimento di Sony sembra essere più intelligente. Con la GFX 100 II, a parte quando si tratta di persone, preferisco utilizzare un campo di messa a fuoco manuale.

Anche in questo caso, le fotocamere full-frame sono più veloci e incisive. L’autofocus del colosso della Fujifilm ogni tanto si perde un po’ a cercare in giro, prima di stabilizzarsi. Lascia un po’ a desiderare soprattutto in modalità continua. Se non altro è disponibile, mentre non si può dire altrettanto della concorrente Hasselblad. Ed è possibile che Fujifilm migliori ancora qualcosa nell’autofocus con il firmware finale.

Qualità dell’immagine: da sogno

Lascia che il nerd che è in me esulti un attimo: il sensore della GFX II Fujifilm è un sogno per chi fotografa! Eccezionale sotto ogni punto di vista. Nello sviluppo delle immagini, i file sembrano avere più profondità di quelli delle fotocamere full-frame. Può sembrare un’affermazione esagerata, ma non la è. Ci sono motivazioni razionali alla base di questa percezione:

Faccio un test grossolano, fotografandomi in controluce davanti a una parete molto illuminata. In effetti, con la GFX 100 II riesco a ottenere qualche dettaglio in più sia nelle aree scure che in quelle luminose rispetto all’apparecchio precedente. Ad esempio, al centro del cono di luce e sul volto. Anche i colori risultano migliori nei punti in ombra.

Video: buono, ma ce ne sono di migliori

E com’è la questione nella GFX 100 II? Arriva agli 8K con un massimo di 30 FPS in 4:2:2 a 10 bit. A questa risoluzione, la qualità dell’immagine è paragonabile a quella di altre fotocamere 8K. Il profilo colore piatto F-Log2 di Fujifilm cattura un’ampia gamma dinamica. Posso convertire le registrazioni con LUT in Rec.709 o Eternea. Quest’ultimo conferisce alla pelle una tonalità calda che mi piace.

In 8K, tuttavia, la GFX 100 II non cattura l’immagine con l’intero sensore. Fa invece un crop di x1,51. Per di più, la telecamera impiega 32 millisecondi per leggere i fotogrammi. I sensori BSI full-frame con densità di pixel simile sono altrettanto lenti. 32 millisecondi significano un marcato effetto rolling shutter. Con il 4K a 30 e 60 FPS, la velocità di lettura è maggiore e non c’è più il crop. In queste modalità, le immagini però sono meno dettagliate.

In sostanza, se ti interessa principalmente fare video, ci sono fotocamere migliori della GFX 100 II. Che però è ottima per i progetti misti. Ad esempio, se vuoi fare dei ritratti e filmare anche un’intervista.

Conclusione: una sofisticata fotocamera di fascia alta

Rispetto al modello precedente, la fotocamera è più maneggevole e ha comunque un funzionamento avanzato. Proprio per la sua complessità, però, serve un po’ di tempo per imparare a usarla. In compenso può essere adattata alle preferenze individuali. La buona ergonomia, l’enorme display superiore e il mirino elettronico ad alta risoluzione sono inoltre ottimi.

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Le mie impronte digitali cambiano talmente spesso che il mio MacBook non le riconosce più. Il motivo? Se non sono seduto davanti a uno schermo o in piedi dietro a una telecamera, probabilmente mi trovo appeso a una parete di roccia mantenendomi con i polpastrelli. 


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