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Testiamo «Horizon Forbidden West»: spettacolare, ma con qualche difetto capitale

Philipp Rüegg
14.2.2022
Traduzione: Martina Russo

Il sequel di «Horizon Zero Dawn» fa sfoggio di una tecnica impressionante e un mondo assolutamente credibile. Un po’ meno convincenti sono la storia e alcune ovvietà da open world.

La storia non decolla

A peggiorare le cose, il gioco strizza l’occhiolino a molti cliché:

  • Un nemico boss, dopo avermi afferrato, invece di ammazzarmi sceglie di scagliarmi via. Succede per ben due volte.
  • L’avversario è sempre un passo avanti a me.
  • Per salvare il mondo c’è un piano molto semplice ma raccontato in modo incredibilmente complicato, con una valanga di termini di fantasia.

Diversamente dalla prima parte, che almeno aveva il vantaggio di essere una storia delle origini, «Forbidden West» manca di stimoli. Gli abitanti della terra vivono una vita tranquilla in un mondo colorato e pieno di vita. Ma sì, dai, andiamo a salvare un po’ il mondo! Il livello di coinvolgimento è lo stesso di quando scorro sul feed di Instagram nel 2022. Lo faccio e basta.

Aloy è senza spessore: dopo averci passato oltre 30 ore insieme non saprei cosa raccontarvi di lei. A parte il fatto che è convinta di essere l’unica in grado di salvare il mondo. E che le piace molto bofonchiare tra sé e ha la stessa postura di una banana. La guerriera dai capelli fulvi sembra facilmente prona alla rassegnazione e al disinteresse. Sensazioni che trasmette anche a me mentre gioco.

Va un po’ meglio con le conoscenze che fai durante il viaggio che, seppur di breve durata, sono comunque sorprendentemente sfaccettate. Mi ricordo di molte di loro, ad esempio il cuoco che è riuscito a preparare il suo leggendario stufato soltanto grazie al mio intervento. Se ripenso alla preparazione mi viene subito fame. Com’era la ricetta? Cinghiale, bacche congelate e cipolle fresche?

Un mondo sorprendente, ma un po’ statico

La vera star del gioco, a parte i dinosauri robotizzati, è comunque la terra. Com’è tipico del gioco, le aree estese coprono tutti i biomi più comuni: Non manca proprio nulla: dalle dune di sabbia, alle montagne innevate, dalla giungla impenetrabile alle suggestive spiagge di una San Francisco in rovine. Anche i bunker in cui si producono le macchine hanno un aspetto fantasticamente alieno, come se ti trovassi, rimpicciolito, all’interno di un supercomputer.

Ma mentre questo mondo virtuale visivamente ottunde i sensi, quella che manca è... la vita. Al di fuori degli insediamenti o dei campi non incontri anima viva. Ci sono solo macchine, macchine e ancora macchine. Non puoi fare un passo senza incontrare un gruppo di dinosauri robot. Non ti dà la sensazione di un mondo pulsante ma, appunto, di un semplice videogame.

Ecco l’immagine nelle dimensioni originali

Ecco l’immagine nelle dimensioni originali

Si tratta comunque di pecche ad alto livello. È il mondo che mi tiene incollato ogni giorno allo schermo. Ci sono sempre nuove cose da ammirare a bocca aperta. Fino all’ultimo secondo di gioco mi perdo a osservare i tanti dettagli, le animazioni realistiche e i paesaggi mozzafiato.

Innumerevoli possibilità, ma anche molta ripetizione

Possiamo mettere da parte questa meccanica obsoleta? Praticamente quasi ogni game open world oggi possiede una meccanica di arrampicata. Non ne posso davvero più di dovermi arrampicare sempre e sovunque, anche se mi muovo velocemente. O questo diventa un aspetto centrale del gioco, come in «Dying Light», oppure piuttosto lasciamolo perdere. O utilizzamolo in modo puntuale.

Un altro cliché degli open world è il rampino che Aloy può utilizzare in determinati punti per issarsi. Non manca nemmeno l’aliante che ti permette di planare elegantemente fino alla missione successiva anziché tuffarti stile suicida dalle rocce.

Molto più rinfrescante, letteralmente, è la nuova possibilità di immergersi. In realtà non è nulla di nuovo, ma non dico mai di no a un fantastico mondo sottomarino. Non è comunque sempre consigliabile immergersi, perché anche alcune delle macchine sanno nuotare. Peccato solo che sott’acqua non si possa combattere.

E ovviamente non può mancare un mini-gioco. Si chiama «Machine Strike» ed è una sorta di scacchi con le macchine. È sorprendentemente tattico senza diventare complicato, ma raramente mi prendo del tempo per giocarci.

I bug

Visto che, fortunatamente, il gioco crea dei salvataggi intermedi in automatico, questo non è un grande problema e comunque al lancio dovrebbe essere stato risolto.

Conclusione: un buon gioco, ma mi aspetto di più

Se sembro troppo critico è solo perché «Horizon Zero Dawn» era un gioco straordinario e avevo altissime aspettative nei confronti del sequel, che sono state soddisfatte solo in parte. A livello visivo «Horizon Forbidden West» è un vero schianto: per me una delle principali ragioni di esplorare l’intero mondo. Non mi stanco mai dei lussureggianti paesaggi e degli straordinari effetti di luce nelle diverse ore del giorno.

Anche gli insediamenti delle tribù sono realizzati in modo estremamente creativo e vivido. Ogni tribù ha una propria identità inconfondibile. È un vero peccato che non viva questa identità anche al di fuori delle palizzate degli insediamenti.

Sempre notevoli, anche se non proprio come nella prima parte, sono i combattimenti contro le macchine. Tocchi il massimo dell’entusiasmo soprattutto quando ti nuota vicino un coccodrillo di 30 metri o ti carica un mammut alto come una casa. I combattimenti sono frenetici, ricchi di esplosioni e davvero divertenti. Sono però un po’ troppo frequenti. Un po’ più di tattica non avrebbe guastato.

Per riassumere, «Horizon Forbidden West» ha una grafica stupefacente ma il gameplay e la storia non riescono a tenere il passo. Durante questo safari di caccia ai mostri mi sono divertito, ma il ricordo di quest’avventura è destinato a svanire molto presto, come è già accaduto con la prima storia di Aloy.

(Com’è che si chiamavano i compagni della nuova avventura?)

«Horizon Forbidden West» è disponibile per PS4 e PS5. Ho testato una versione preliminare per PS5 messa a disposizione da Sony.

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Da bambino non mi era permesso avere console. Solo con il PC di famiglia, un 486, mi si è aperto il magico mondo dei videogiochi. Oggi di conseguenza compenso in modo esagerato. Solo la mancanza di tempo e denaro mi impedisce di provare ogni gioco esistente e di riempire la mia libreria con rare console retrò. 


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